Gli Alpini by Cesare Battisti
autore:Cesare Battisti
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
editore: Fratelli TREVES editori
pubblicato: 1916-07-22T23:00:00+00:00
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Ho accennato a particolari condizioni morali e fisiche, a particolari adattamenti d’animo e di spirito dei nostri alpini che sono in stretto nesso col suolo che li vide nascere e con la vita delle generazioni passate.
Ma ricordavo prima come il montanaro delle nostre Alpi sia, per necessità di cose, emigrante.
È dalla metà del secolo scorso, dall’inizio dei grandi lavori ferroviari, che il nostro montanaro vagabonda di terra in terra, e col suo doloroso pellegrinaggio molte cose ha appreso, molte doti ha acquisito, che se non hanno modificato le sue caratteristiche fondamentali e psicologiche lo hanno reso più adatto alla lotta per la vita ed hanno sviluppato le sue facoltà intellettuali ed affinata la sua forza di lavoratore.
Quando i nostri soldati varcarono il confine e nelle terre redente sorsero i primi accampamenti, non potean essere con loro, non potean essere onnipresenti i soldati del genio; i soldati specialisti nella costruzione di strade, di appostamenti per artiglieria, di baracche, di ricoveri.
Piantar un accampamento, che sia base di operazioni e di avanzate, non vuol dir solo piantar delle tende; ed anche il piantar le tende è qualche cosa di più che configger dei piuoli e stender una tela.
Bisogna assai spesso cominciar col creare uno strato piano su cui posarsi, giacchè le belle e comode praterie nei bacini di valle sono le più viste dagli osservatorî dell’artiglieria nemica. È necessario crearsi dei ripiani talvolta su terreni franosi, dilamanti, in mezzo a canaloni di roccia, nelle magre strisce di terreno pianeggianti sotto l’orlo delle rocce che coronano le vette, bisogna scavar solchi per l’acqua, far sentieri di collegamento. E vi si riesce solo ad un patto: quello di esser buoni a tutti i mestieri, di esser al tempo stesso legnaiuoli, sterratori, minatori, muratori, fabbri; e ad altro patto ancor più difficile: quello di far tutto con pochi e magari senza strumenti.
Orbene qual è l’emigrante che prima di soffermarsi ad un mestiere non ne abbia tentati, per sbarcare il lunario, cento altri?
L’alpino in mezzo alle difficoltà inerenti ad una prima avanzata era il soldato ideale. Sotto i colpi del suo piccone, in pochi giorni si è cambiato l’aspetto a vaste zone montuose. Non v’era cemento; eppure si costruirono ricoveri; non vi eran chiodi e si fecero baracche; vi eran poche vanghette e si sconvolsero chilometri quadrati di terreno.
L’alpino è sopratutto nell’arte di costruire il soldato svelto e sicuro. Improvvisa in pochi minuti il riparo per la notte, pronto a rifarlo all’indomani migliore, e a demolirlo e rifarlo più adatto nei giorni seguenti.
Dove sono rimaste le tracce delle varie costruzioni successive degli alpini, gli archeologi e gli etnografi potrebbero veder riflessa la storia della civiltà umana, dirò meglio la storia delle abitazioni umane, con più profitto che frugando e raccogliendo gli avanzi preistorici nella nera terra.
I primi ricoveri fatti lì, dove non era possibile piantar la tenda, nei posti di collegamento o sulle linee avanzate paion abitazioni da trogloditi: sono caverne e semicaverne, buche nel terreno coperte con tronchi, — v’eran perfino buche nella neve! — pagode
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